La memoria delle viti secolari: Tenuta San Francesco

26 Gennaio 2023

Gaetano Bove è veterinario di grossi animali e viticoltore, insieme. Accompagnato dalla figlia Raffaella, è l’anima di Tenuta San Francesco, azienda attiva dal 2004 nel cuore della costiera amalfitana e del Parco dei Monti Lattari.

La sua doppia professione ci riconduce dritti dritti a quella che è la vocazione produttiva del territorio: un territorio con poca terra che ha costretto i suoi abitanti a ingegnarsi per avere di che sopravvivere. È per assecondare questa scarsità di terra da coltivare che si è diffusa la forma di allevamento della pergola, che consentiva di produrre, in alto, uva e limoni, e in basso, erbai utilizzati come alimento per il bestiame o colture destinate all’alimentazione umana.

Se Gaetano rappresenta, in sé, la vocazione produttiva di un territorio dedito alla multieconomia, le vigne di Tenuta San Francesco raccontano una storia antica, anche antichissima. L’azienda conserva infatti un autentico patrimonio di vigne secolari – alcuni ceppi hanno addirittura 300 o 400 anni di età. Ceppi enormi, contorti, bellissimi: testimoni di una storia che solo loro possono raccontare.

Lode al sistema della multieconomia

Gaetano mi spiega un concetto caro a tutta Slow Food: la multieconomia è vincente rispetto all’omologazione, alla specializzazione su un solo tipo di prodotto. «Oggi molti produttori si sono specializzati su una sola tipologia di prodotto, ma non è questa la vocazione del territorio di Tramonti. Qui una volta si coltivavano vigne, agrumi, seminativi. Si allevava il bestiame, che dava un contributo importantissimo alla fertilità del suolo, e dal cui latte si ricavavano latte e formaggi – tra cui il fiordilatte. La multieconomia era vincente non solo dal punto di vista economico, perché consentiva all’azienda di diversificare il reddito, ma anche dal punto di vista ambientale, e per la salubrità stessa del prodotto».

Ecco allora che l’essere un veterinario prestato alla vigna rappresenta un connubio perfetto, un emblema dell’economia circolare che non è una moda, ma un tornare a fare le cose come si facevano un tempo, diversificando le attività e fonti di reddito. Mi dice Gaetano: «Continuo a svolgere la professione di veterinario, e sono fautore di un mondo in cui le piante coesistono con gli animali. È questa coesistenza che permette di non sprecare nulla, e di realizzare un sistema produttivo genuinamente circolare. Questa visione orientata alla diversificazione, la applichiamo anche nelle nostre scelte commerciali. I nostri clienti non sono solo grossisti o ristoranti, ma anche il consumatore finale».

Nel tempo, Tenuta San Francesco è riuscita a diversificare il proprio mercato, e oggi propone a un pubblico di appassionati, desideroso di fare esperienze fuori dai circuiti turistici convenzionali, vere e proprie wine experiences. Il concetto è semplice, ed è in piena sintonia con l’idea di Slow Food Travel. Si viene in azienda; se ne degustano i prodotti – dal vino ai formaggi ai salumi –; si scopre un territorio che è pura meraviglia e che non ha pari né in Italia né nel mondo, vista l’età dei vigneti che è assolutamente eccezionale.

La bellezza delle viti secolari di Tenuta San Francesco

L’eccezionalità di Tenuta San Francesco sta anche nel suo lavoro di salvaguardia delle viti secolari. Quello dell’azienda è un vero patrimonio che ci porta indietro di secoli, a molto tempo prima della fillossera. Con caparbietà, Gaetano si è speso per salvare queste vigne antiche e immense. Ha mappato il territorio, ha identificato le viti più antiche, quindi ha intrapreso un lavoro di tutela, che ha un valore non solo ambientale ma anche culturale.

Mi dice: «Abbiamo la fortuna e l’onore di custodire magnifiche vigne storiche prefillossera. Otto dei 14 ettari aziendali sono popolati da queste vecchie vigne che sono il nostro fiore all’occhiello, e che vorremmo far conoscere al mondo, perché si tratta di un patrimonio unico al mondo, appunto. Sono convinto che spiantare un vigneto antico sia un delitto, che farlo per il profitto sia una scelta priva di senso, per questo mi sono impegnato personalmente per salvare queste vigne ancora capaci di dare moltissimo. Il recupero più recente è costituito dalla “vigna del campo” attigua all’antico Conservatorio di Santa Teresa a Pucara. Si trovava in uno stato di completo abbandono, invasa da sterpi, rovi e rifiuti. La stiamo riportando alla bellezza di un tempo, quella di un luogo immacolato che è montagna e vigneto insieme. L’abbiamo resa in grado di fare non un semplice vino, ma un grande vino, che è il mio sogno e obiettivo».

L’azienda Tenuta San Francesco

  • Ettari 18 – Bottiglie 80.000
  • Fertilizzanti: letame in pellet, sovescio
  • Fitofarmaci: chimici di sintesi, rame, zolfo
  • Diserbo: lavorazione meccanica/manuale
  • Fermentazione: fermentazione spontanea, selezione di lieviti indigeni
  • Uve: 100% di proprietà
  • Certificazione: nessuna certificazione
  • premi Slow Wine: Chiocciola all’azienda e vino Top e Slow al Costa d’Amalfi Quattro Spine Ris. 2018. Le note di frutti di bosco, rabarbaro e scorza d’arancia si aprono su un sottofondo balsamico e anticipano un sorso che ha integrità del frutto e una nota sapida persistente.

Tintore, biancatenera, biancolella, biancazita, pepella, ginestra, piedirosso…

Un altro aspetto che si può cogliere visitando i vigneti di Tenuta San Francesco – sia i più antichi sia quelli impiantati più di recente, è la biodiversità che sono in grado di esprimere. I nomi dei vitigni sono tutto un programma di aderenza al territorio: tintore, biancatenera, biancolella, biancazita, pepella, ginestra, piedirosso, accanto ai più noti falanghina, aglianico e cabernet franc. Una varietà incredibile immersa in un contesto di grande equilibrio ambientale, dove ai vigneti si alternano limoni, olivi e –  non meno importante – il bosco.

La biodiversità e l’anzianità delle vigne, tra l’altro, sono un’importante baluardo contro la crisi climatica. Tanti dei viticoltori con cui abbiamo parlato ce lo ripetono come fosse un mantra: «La biodiversità dà maggiore forza. E maggiore forza la possiamo constatare nelle vigne storiche, le cui radici scendono anche a 3/4 metri di profondità, e che già hanno retto a secoli di cambiamento».

Evviva il vino giusto

Un altro argomento proprio a molti viticoltori intervistati finora è il vino giusto. Per ognuno di essi questo termine acquisisce sfumature diverse, non c’è un codice preciso che lo descriva, ma Gaetano ha idee ben chiare in merito. «Così come salvaguardiamo le vigne, facciamo con il lavoro dei contadini. Per me un vino non è buono se non è anche etico, se non è un prodotto che dà una mano al territorio, se non è solidale, fatto anche per il benessere di quanti lavorano le vigne».

È logico che in un modo di pensare come questo il profitto per se stesso c’entri poco se non nulla. Al primo posto c’è il benessere della comunità, e non può esserci ambizione più lungimirante e saggia di questa.

I vini clandestini

Infine una domanda su un progetto che mi incuriosisce molto: i vini clandestini che escono con l’etichetta Case Rosa. Gaetano mi dice: «Tenuta San Francesco non è certificata biologica, ma lavora come se lo fosse, a volte imponendosi limiti ancor più rigorosi. Quella dei vini clandestini è una linea che affianchiamo alla nostra linea più “convenzionale”. I vini clandestini sono i ricordi della mia vita, e Case rosa è il luogo dove sono nato. Per produrli non utilizziamo energia elettrica, lieviti dell’industria né filtraggi né collanti e tutte quelle che sono le tecniche che oggi utilizzano pressoché tutti. Sono la quintessenza dei vini sani, buoni, puliti ed etici».

La migliore idea di clandestinità.

di Silvia Ceriani, info.eventi@slowfood.it

Slow Wine Fair è la manifestazione internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto. Dal 26 al 28 febbraio 2023, convegni, masterclass, e l’esposizione di centinaia di cantine italiane e internazionali e oltre 3.000 etichette. La biglietteria sarà disponibile online a fine novembre. Iscriviti alla newsletter per essere aggiornato su tutte le novità. #SlowWineFair2023

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