Quella che vi raccontiamo oggi è la storia dei Garagisti di Sorgono, tre amici cresciuti tra le uve e le viti del centro geografico della Sardegna – il centro geografico vero e proprio si trova, in effetti a soli 3 chilometri da Sorgono –, il Mandrolisai, luogo di incontro tra la Barbagia e il Campidano.
Una terra ancora ignota ai più, ma che quando viene raccontata nel modo giusto affascina come poche, proprio perché il conoscerla, e sorseggiarla, è per molti un viaggio di scoperta.
Iniziamo col dire che la viticoltura, nel Mandrolisai, non è un’attività recente o nata per moda. Le vigne che ancora oggi coltivano i Garagisti di Sorgono – Pietro Uras, Simone Murru e Renzo Manca – sono vigne che arrivano anche a 60-80 anni di età. Si trovano nelle migliori colline Burdaga, Figu, Pischina, Pardu e Cresia, e prosperano a un’altitudine di circa 550 metri.
Prima di loro, a coltivarle erano i loro padri e nonni, dei cui insegnamenti i tre soci hanno fatto tesoro, pur introducendo alcune importanti novità. Mi racconta Pietro: «Qui a Sorgono la vite è patrimonio agricolo da moltissimo tempo. Siamo in un territorio fortemente parcellizzato, di cui le vigne occupano circa il 20%. Poi ci sono pascoli, orti, boschi… La natura ci circonda ovunque. I nostri padri e nonni erano bravissimi in vigna, sia per le cure riservate al suolo – in massima parte di graniti rosa e bianchi, e in alcune zone anche di argilla – sia per la parte arborea. Molto di quel che facciamo, lo abbiamo ereditato da loro, cercando di introdurre miglioramenti in cantina, soprattutto sul fronte della selezione delle uve e lavorando al contempo per portare il nome di Mandrolisai anche al di fuori dei confini regionali».

Vivere di Mandrolisai
Pietro ha lavorato a lungo a Parma come manager di azienda, ma per amore del Mandrolisai è tornato a casa, dove insegna agraria. I Garagisti non è ancora la sua unica attività, come non lo è neppure per Simone e per Renzo. Il loro sogno comune è quello di dare lustro a un nome e a un territorio, e di vivere di Mandrolisai. Lentamente, e tenacemente, questo sogno sta prendendo contorni sempre più definiti.
«Il vino, qui, lo si faceva più per il consumo familiare o, anche grazie alla fondamentale esperienza della Cantina sociale limitando il commercio ai confini regionali. Noi abbiamo scelto di ampliare lo sguardo, di far conoscere questo territorio puntando sulla sua bellezza incontaminata e sulla qualità del prodotto. I Garagisti di Sorgono è un’idea che ha preso corpo nel 2015, e dal 2018 abbiamo iniziato a commercializzare i nostri prodotti. Siamo tutti nati in vigna, ma le vigne in cui siamo nati non ci davano da mangiare. Il nostro progetto è renderle redditizie, fare sì che questo diventi a tutti gli effetti il nostro lavoro».

I Garagisti di Sorgono
- ettari 9 – bottiglie 34.000
- fertilizzanti: letame in pellet, sovescio
- fitofarmaci: chimici di sintesi, rame, zolfo
- diserbo: lavorazione meccanica / manuale
- lieviti: selezionati industriali
- uve: acquisto 5%
- certificazione: nessuna certificazione
- premi Slow Food: Top Wine al loro Cannonau di Sardegna Manca 2019. Affilato, con sfumature floreali che richiamano la rosa canina, è vivo, dinamico, e dal carattere autentico.
Vigne, uve, vino e vignaioli

Un elemento importante, per fare emergere un territorio ancora poco conosciuto, è dato dal modo in cui lo si comunica e racconta. Per farlo, i tre garagisti ci hanno letteralmente messo la faccia. Uras è il vino che corrisponde al cognome di Pietro, e suo è il volto ritratto in etichetta. È un Mandrolisai Doc, un uvaggio di muristeddu (o bovaleddu) – il vitigno autoctono del luogo –, uva monica, tipica del Campidano, e la barbaricina cannonau prodotto da vigneti che hanno 70 o anche 100 anni di età. Sempre da suoli di granito bianco arriva il Murru, prodotto al 100% con uva monica. Il Manca è un 100% cannonau ed è l’espressione di vigne che insistono su suoli di graniti rosa e bianchi, accarezzate dai venti marini. Il top wine della guida Slow Wine arriva dall’unione dei tre, e prende il nome Parisi (insieme in sardo), un 100% muristeddu, vino di grande carattere e territorialità.
«La nostra ambizione, nel comunicare i nostri vini, è stata quella di creare un fil rouge tra le vigne, le uve, il vino e i vignaioli, ossia il nostro lavoro. Quando raccontiamo quel che facciamo partiamo dal territorio, dai vitigni, e sui nostri vini ci mettiamo la faccia. Oggi, grazie all’impegno che ci abbiamo messo, il mercato dei nostri prodotti è per un 60% all’estero, il 10% in Sardegna, il 30% nel resto d’Italia. Segno che, se ben raccontati questi vini hanno un potenziale incredibile, e che è impossibile non innamorarsene, come è impossibile non innamorarsi di questo territorio, che è fantastico e che dà modo di scoprire un’altra Sardegna, al di là delle sue declinazioni più note, che sono il Vermentino e il Cannonau».
Siccità e vendemmie precoci: la resilienza delle vigne

Sembra un posto di un altro mondo Mandrolisai, ma è pienamente di questo mondo se si guarda al cambiamento climatico, un fenomeno che, ovviamente, non ha risparmiato neppure il centro geografico della Sardegna. Pietro non ha difficoltà nel descrivere i loro motivi di preoccupazione: «Fino al 2016 la vendemmia si è sempre fatta tra ottobre e novembre. Ma quello a cui stiamo assistendo ora sono cambiamenti climatici sempre più forti, e sempre più evidenti nel breve periodo. Dal 2017 abbiamo vendemmiato ben quattro volte a settembre».
«Questa è stata un’annata secca, in cui le vigne hanno reagito bene. In generale, destano meno preoccupazioni le vecchie vigne di 60-80 anni, che sono radicate più in profondità. Per le vigne giovani, invece, il problema è più grave e consistente, perché sono più suscettibili alla siccità. Anche se finora non abbiamo mai fatto ricorso alle irrigazioni, se il trend continuerà a essere questo temo che in futuro dovremo farlo».
Il buono, pulito e giusto per i Garagisti di Sorgono
Benché siano elementi che in parte già emergono da quel che abbiamo raccontato nelle righe precedenti, chiedo a Pietro una definizione sintetica di buono, pulito e giusto. «Potremmo parlarne per ore, ma se vogliamo dirlo in sintesi, per noi i tre aggettivi vanno insieme, e si ritrovano in vini prodotti nel rispetto della natura e con il coinvolgimento del territorio. Significano non guardare alla quantità, continuare a mantenere questa biodiversità fatta di viti, di pascoli e boschi. Guardare a una campagna in cui la fauna trovi il suo posto, perché anche l’apporto degli animali – cinghiali esclusi – in un’ottica di fertilità del suolo è fondamentale».
Difficile non innamorarsi di un’esperienza come questa. Un’esperienza che consigliamo, caldamente, a tutti gli appassionati e professionisti della Slow Wine Fair.
di Silvia Ceriani, info.eventi@slowfood.it