Siamo piccoli di fronte alla natura: Ancarani

22 Febbraio 2023

Abbiamo percorso l’Italia in lungo e in largo, per raccontarvi le storie dei produttori di vino di Slow Wine Fair. Sono anche, innanzitutto, storie di bellissima agricoltura. Ed è per questo che ci piace raccontarle. Per l’ultima di esse – no, forse non è l’ultima, ci sarà probabilmente una bonus track – non potevamo che tornare nella regione che ospita l’evento. Siamo a Oriolo dei Fichi, Faenza, per scoprire la storia di Ancarani.

Una storia fatta dei nomi di due persone, Claudio “l’agricolo” e Rita “la tigre” o “l’energia”. E dei nomi dei vitigni locali che popolano le loro vigne: sangiovese, albana, trebbiano, centesimino.

A parlarmi di Ancarani è Rita, che giustamente inizia dalle storie dell’agricolo e della tigre, e dal momento in cui i loro percorsi si incrociano. «Claudio nasce agricoltore. Io no. Ho conosciuto prima il suo Sangiovese (nel 2003) e poi lui (nel 2005). Incuriosita da un altro vino aziendale, il Centesimino, sono andata in cantina come cliente, e non ne sono più uscita!».

La casa e il bosco

Ph. Ancarani

Se Claudio è chiamato l’agricolo ci sarà un buon motivo. Mi racconta Rita: «I nostri terreni li ha lavorati per primo il nonno di Claudio, fin dal 1934. Poi è stata la volta di suo papà Serafino. È da lui che Claudio ha rulevato i terreni, suddivisi in tre corpi diversi nella campagna faentina. A completare il quadro mancava il bosco, che ora fa parte integrante di Ancarani. Claudio l’ha desiderato con tutte le forze, e ultimamente l’abbiamo acquistato, il nostro rudere nel bosco. Il bosco ha per noi un valore affettivo, ma non è soltanto quello. È un altro tassello della biodiversità che vogliamo preservare, ed è fondamentale per dare refrigerio ai vigneti e garantirne la sopravvivenza».

La biodiversità, però, non sono solo i vitigni locali e il bosco, è proprio tutta Ancarani, che potremmo definire come un piccolo ecosistema diversificato, come tanti ne abbiamo incontrati nelle storie di Slow Wine Fair. Mi dice Rita: «L’azienda ha in tutto 20 ettari di terreno. Di questi 14 e mezzo sono occupati dai vigneti, 2 dal bosco. Nei restanti coltiviamo il grano Senatore Cappelli, una bella varietà rustica da cui ricaviamo paste semi-integrali. Non ci fermiamo mai!».

Vini quotidiani

Dopo le persone i vitigni, che abbiamo detto essere tutti rigorosamente locali, e non sempre famosissimi. «A casa nostra, il vino sta in tavola tutti i giorni, proprio come l’olio e come il pane. È anch’esso un alimento quotidiano. Noi non produciamo vini blasonati, ma vini che rispecchiano il nostro territorio, ottenuti da vitigni meno celebri, forse, ma che sono la piena espressione di questa terra».

Un’identità che, piano piano, sta venendo giustamente alla luce. Commenta Rita: «Attraverso i nostri vini noi vogliamo raccontare l’identità del territorio. Ma è un concetto su cui è ancora necessario lavorare. Al momento l’identità territoriale è ancora quella raccontata dai grandi gruppi, dalle uve vendute a prezzi irrisori. Noi cerchiamo di affermare una narrativa diversa. Che è sì poesia, ma anche tanta concretezza: vogliamo che il vignaiolo sia ripagato adeguatamente per il lavoro che fa, mostrando il valore dei suoi vini, che poi è anche il valore della sua terra».

Se i vitigni sono localissimi, i nomi dei vini sono a dir poco fantasiosi. Andate sul sito di Ancarani, e divertitevi a scoprire le sezioni dei vini “Innominabili” o “Invendibili”. Perché li hanno chiamati così? «Il Perlagioia è un albana in purezza. L’Andataeritorno un albana al 50%. Però in etichetta non possiamo dichiarare che siano fatti con l’albana, perché non abbiamo ottenuto il riconoscimento della Docg».

L’azienda Ancarani

  • ettari 14, bottiglie 40.000
  • Fertilizzanti: preparati biodinamici, sovescio
  • Fitofarmaci: rame, zolfo
  • Diserbo: lavorazione meccanica / manuale
  • Lieviti: fermentazione spontanea
  • Uve: 100% di proprietà
  • Premi Slow Wine: Vino Quotidiano al loro Romagna Sangiovese Superiore Biagio Antico 2020. Piacevolissimo nel frutto croccante e varietale, regala un sorso goloso e scorrevole.

E poi venne il bio

Ancarani non è un’azienda biologica da sempre. Come molti produttori, sono stati bio già prima di essere certificati tali, ma poi la certificazione è arrivata, come passo indispensabile della crescita aziendale. «Col tempo, abbiamo iniziato a usare via via sempre meno chimica. È stato un gesto d’amore anche nei confronti di noi stessi, che vogliamo approcciarci al prodotto più sano possibile».

Ma non è solo la ricerca di un prodotto buono per la salute che ha spinto Rita e Claudio verso questa scelta. «Lo abbiamo fatto per rispetto del territorio in cui viviamo. Poi, c’è da dire, il biologico e l’utilizzo dei vitigni autoctoni si stanno rivelando perfetti alleati nel contrastare la crisi climatica. Non che non se ne avvertano gli effetti: la avvertiamo tantissimo, e vediamo che ogni evento atmosferico è violento. Il caldo, la siccità… Tuttavia ci prepariamo a resistere, persistiamo con la scelta dei vitigni locali, nutriamo il suolo, e raccogliamo meno. In generale lavoriamo nella consapevolezza di essere piccoli di fronte alla natura, e di non poterla – o volerla – cambiare».

Ecco perché mi piace raccontare le storie di viticoltura. Perché dentro c’è tantissimo di come dovremmo vivere.

di Silvia Ceriani, info.eventi@slowfood.it

Slow Wine Fair è la manifestazione internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto. Dal 26 al 28 febbraio 2023, convegni, masterclass, e l’esposizione di centinaia di cantine italiane e internazionali e oltre 3.000 etichette. La biglietteria sarà disponibile online a fine novembre. Iscriviti alla newsletter per essere aggiornato su tutte le novità. #SlowWineFair2023

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