In uno degli incontri della Slow Wine Arena – Reale Mutua abbiamo esplorato le relazioni tra le comunità di viticoltori e i preziosi paesaggi di cui essi si prendono cura.
Le minacce ai paesaggi vitivinicoli sono molte, dall’abbandono allo sfruttamento eccessivo fino a, come è successo ultimamente, ai disastri naturali.
«Bellezza, paesaggio, cura, vino», ha esordito la moderatrice Emeline Bartoli. «Questi quattro concetti sono forse facili da raggruppare mentalmente nella lingua francese, dove le parole campagna – pays, contadino – paysan, e paesaggio – paysage, hanno radici comuni facili da vedere. La nostra sensibilità per la bellezza dei paesaggi riflette la nostra umanità, e i vignaioli sono spesso custodi che salvaguardano questo bene comune per garantire che le generazioni successive possano viverlo nella sua integrità».
Paesaggi fragili
Gozdem Gurbuzatik di Heritage Vines of Turkey ha iniziato mostrando una foto commovente dei danni che il terremoto del 6 febbraio ha causato al paesaggio della Turchia meridionale, spaccando in due i campi agricoli, come si vede nella foto di copertina.
«La superficie viticola della Turchia è enorme, la quinta più grande del mondo. Ma la maggior parte di queste uve è destinata semplicemente alla tavola e non alla bottiglia. Abbiamo anche un’incredibile varietà di vitigni autoctoni, molti dei quali sono a rischio di estinzione proprio perché il loro contenuto di tannini è elevato e non sono apprezzati come uva da tavola. Queste uve dovrebbero essere utilizzate per la produzione di vino, ma non lo sono, e quindi non ricevono molta attenzione. Potrebbero scomparire del tutto».
«Come Heritage Vines of Turkey stiamo lavorando alla mappatura di questi paesaggi. Vogliamo capire esattamente chi sta coltivando cosa e quanto ogni singola varietà è presente e attestata. È un lavoro che dobbiamo fare in completa autonomia, perché non c’è alcun sostegno da parte del governo». «Era già un lavoro difficile, e il terremoto lo ha reso ancora più arduo. Ma stiamo incoraggiando i contadini a continuare a coltivare le loro uve tradizionali e cerchiamo di aiutarli a trovare nuovi mercati. Alcune di queste varietà di uva potrebbero rivelarsi utili nello scenario della crisi climatica. Sono sopravvissuti e sono cresciuti in condizioni difficili, dove c’è poca acqua e le temperature estive arrivano anche a 48°C, come nel caso della varietà mazrona coltivata dalla comunità cristiana assira nel sud-est del Paese, vicino al confine con l’Iraq”.
Agricoltori tenaci
Samuele Heydi Bonanini è membro del Presidio ligure dello Sciacchetrà delle Cinque Terre. Un paesaggio famoso in tutto il mondo, visitato ogni anno da tre milioni di turisti. Qui la popolazione permanente supera di poco le 3500 unità e la superficie vitata si è ridotta drasticamente negli ultimi decenni. «L’aspetto agricolo delle Cinque Terre non è noto a molti visitatori. E la viticoltura è in gran parte scomparsa senza che se ne accorgessero».
“Al primo censimento, negli anni Sessanta, c’erano 1200 ettari di vigneto nelle Cinque Terre. Oggi si sono ridotti a 100. È difficile trovare persone che vogliano lavorare in questo contesto aspro e scosceso, dove la maggior parte delle lavorazioni sono manuali. In effetti, oggi lavoriamo alla stessa maniera dei nostri antenati 200 anni fa. Siamo determinati a mantenere viva questa tradizione, in quanto siamo tra le persone che più si adoperano per conservare la bellezza di questo paesaggio marino incontaminato. A questo scopo il Presidio è impegnato in una serie di attività di formazione con i giovani. Mostriamo loro come funziona l’agricoltura qui e cosa significa sporcarsi le mani: la gioia e le ricompense della viticoltura eroica».

Salvaguardare tradizioni
All’altra estremità della lunga riviera che si estende dalle Cinque Terra fino al confine della Francia con la Spagna: è qui che si trova la piccola regione del Roussillon, altrimenti nota come Catalogna del Nord o Catalogna francese. I ripidi pendii rendono la viticoltura un’attività ardua, come ha spiegato Jean Lhéritier, storico presidente di Slow Food Francia. «Qui c’è una differenza di approccio tra i produttori tradizionali di vino secco e di vino dolce».
«I vini dolci sono prodotti con l’aggiunta di alcol puro per arrestare la naturale fermentazione del vino, mantenendo una parte di zucchero nei vini e modificando in modo irrevocabile il loro gusto tradizionale. Ma il vino Rancio tradizionale è secco perché tutti gli zuccheri sono stati trasformati in alcol. Viene invecchiato in botti che sono costantemente riempite, una tecnica nota come ouillage, che favorisce l’ossidazione. La gradazione alcolica è quindi elevata e non è stata supportata da una denominazione o da un sostegno governativo. Slow Food ha riconosciuto l’importanza di conservare questa tradizione, e abbiamo iniziato a organizzare eventi per promuovere questo prodotto a un pubblico più ampio».
Laddove piccoli gruppi di viticoltori o vinificatori salvaguardano un paesaggio, Slow Food ritiene che sia nostro dovere sostenerli nei loro sforzi per mantenere la bellezza di questi paesaggi come parte del nostro patrimonio comune, indipendentemente dalla commerciabilità dei vini prodotti. Perché il nostro rapporto con la terra è complesso, e troppo spesso è un rapporto dannoso in cui l’uomo sfrutta e rovina la bellezza della natura. Ma il potenziale per un rapporto più sano è evidente a tutti attraverso questi esempi di viticoltura eroica, e può essere espresso attraverso qualcosa di semplice come un bicchiere di vino.
di Jack Coulton, info.eventi@slowfood.it