Uno dei messaggi chiave del Manifesto Slow Food per il vino buono, pulito e giusto è che le cantine e i produttori di vino naturale hanno un ruolo da svolgere nella protezione del paesaggio, nella salvaguardia delle risorse naturali e della biodiversità. I paesaggi in cui si coltiva l’uva sono tanto vari quanto i vini stessi, ma il loro futuro è minacciato sia dall’attività umana diretta sia dal cambiamento climatico che ne deriva.
Per anticipare i contenuti della nostra conferenza online dedicata al tema, abbiamo parlato con Marina Santos di Rio Grande do Sul, Brasile, che sarà tra i relatori. Abbiamo parlato del suo lavoro di produttrice di vino naturale. E di come protegga le varietà a rischio in quello che spesso è un ambiente ostile.
Quali sono i tuoi primi ricordi legati al vino?
Non sono nata in una regione vinicola né la mia famiglia ha avuto molti contatti con il vino. La mia prima esperienza è avvenuta 17 anni fa, a 23 anni. È stato allora che ho incontrato mio marito Israel. A tre mesi dal nostro incontro, ci siamo trasferiti insieme nella sua città natale, Pinto Bandeira, situata in una regione vinicola. La mia storia con il vino naturale inizia di lì.
Ero già affascinata dalla campagna e dal mondo dell’agricoltura e dell’uva. Al tempo stesso mi rattristava sapere che questa non fosse coltivata in modo pulito. Che si usassero molti pesticidi nei campi e altri prodotti chimici di sintesi nel processo di vinificazione. Mi sono chiesta se ci fosse un altro modo. Volevo scoprire il sapore del vino vero, fatto senza veleni e conservanti chimici. Non sapevo da dove iniziare, ma questa passione per il vino era travolgente. Si impadronì dei miei pensieri, delle mie giornate, e presto abbandonai tutto per seguire questo sogno: fare vino naturale.
Vinha Unna e dove trovarla a Slow Wine Fair 2022
Partecipa alla conferenza online dedicata ai paesaggi viticoli e alla loro protezione il 24 marzo alle 18. Non perderti i vini di Vinha Unna alla Masterclass dedicata ai vini latinoamericani, il 27 marzo alle 17:30.
Come hai iniziato?
Ho iniziato un corso da sommelier, e anche un corso di viticoltura ed enologia. Ma più studiavo, meno mi sentivo connessa. Non ho mai sentito nessuno parlare di sostenibilità o di fermentazione spontanea. Così ho iniziato a guardare oltre i corsi, a parlare con gli agricoltori e i ricercatori nel campo della sostenibilità.

Poi, nel 2010 abbiamo comprato della terra e siamo diventati noi stessi agricoltori e vignaioli naturali a Vinha Unna. All’inizio abbiamo fatto il vino con l’uva comprata da altri agricoltori biologici, ma nel 2014 abbiamo iniziato la nostra piccola produzione: solo 300 bottiglie a fermentazione spontanea nel primo anno, tutte senza conservanti o filtrazione. È stato comunque un successo: la gente parlava della purezza del nostro vini, della sua pulizia e degli strati aromatici che si dispiegavano nel tempo. Era come avevo immaginato che un vino naturale dovesse essere.
Di donne, di ambientalismo, di viticoltura
Quale difficoltà hai affrontato in quanto donna e viticoltrice in Brasile?
Il semplice fatto di essere donna mi esclude da molte cose. Il fatto che io difenda con le unghie e coi denti l’idea del vino naturale e della produzione sostenibile, in un paese che è uno dei più grandi consumatori di pesticidi al mondo, significa che mi sono fatta dei nemici. Penso che la sfida principale per le donne, non solo nella viticoltura ma in tanti campi, sia quella di essere ascoltate, di essere prese sul serio.
A tenere indietro le donne sono interessi politici: soprattutto se le donne si battono per qualcosa in cui credono, e che sanno essere giusto. La mia voce riecheggia in tutto il mondo, ma è messa a tacere nella mia regione, nel mio paese, dopo quasi 10 anni. Purtroppo restano ancora molti progressi da fare. Il Brasile non è un paese sicuro per gli ambientalisti, e per le donne ambientaliste ancora meno.
Qual è l’impatto del cambiamento climatico nella tua regione e che ricadute ha sulla viticoltura?
L’impatto è grave e ha effetti di vario tipo. La regione in cui vivo e lavoro è nel sud del Brasile, a 850 metri sul livello del mare, in un bioma chiamato Mata Atlântica. Si tratta di una foresta pluviale, di uno degli hotspot di biodiversità più minacciati al mondo. È anche una delle poche regioni del Brasile che ha stagioni ben definite.

Dal 2017, però, c’è stato un rapido cambiamento nel clima. Quell’anno l’inverno è praticamente scomparso. Un tempo eravamo abituati ad avere temperature sottozero e gelate quotidiane per almeno due mesi all’anno. Questa mancanza di freddo ha anticipato l’inizio del germogliamento dell’uva di più di 20 giorni. La primavera di quell’anno fu la più piovosa degli ultimi 70 anni. Questa pioggia eccessiva e la mancanza di luce causarono malattie alle viti, e anche quei viticoltori che erano riusciti a salvare la loro vendemmia estiva, si videro l’uva rovinata in seguito, con grandinate che distrussero interi vigneti.
Dopo questa catastrofe nel 2017, nella regione non c’è stato alcun ritorno alla stagionalità regolare. Non ci sono inverni e le primavere sono secchissime. La produzione è possibile solo con almeno un’irrigazione, e le estati ci portano tempeste estreme, grandine e vento. Questi cambiamenti influenzano il ciclo fenologico delle viti, e la siccità erode il suolo. La cosa più sorprendente è che questo non è avvenuto gradualmente, in modo che le specie animali e vegetali potessero adattarsi, ma molto rapidamente. E sta peggiorando. Proprio ora, c’è un’ondata di caldo con temperature vicine ai 50ºC nella mia regione: qualcosa che non è mai successo prima.
Ripartire dalle antiche varietà
Oltre a fare il vino, grazie a Terroir Ancestral sei attiva anche nel campo della ricerca…
Terroir Ancestral è un progetto di ricerca sui primi vitigni piantati nella regione: come si sono comportati e adattati qui, come erano i vini, e perché alcune di queste varietà hanno smesso di essere piantate, fin quasi alla completa scomparsa. Il Brasile non ha vitigni autoctoni, quindi quanto tempo ci vuole prima che una varietà proveniente da altrove si adatti qui? Cos’è l’adattamento, e perché è necessario?
L’adattamento di una vite inizia con il suo comportamento nel campo. Dipende da come la gestiamo, la sua reazione agli stress, alle variazioni climatiche, all’eccesso o alla scarsità di nutrienti nel suolo, la sua resilienza… Ogni anno vengono portate in Brasile nuove varietà con la promessa di una maggiore produttività, meno necessità di gestione o di trattamento fitosanitario. Ma è mai così semplice? Certo che no. Non è mai stato così urgente come oggi parlare di adattamento in viticoltura, e vediamo i risultati ogni giorno in queste vecchie varietà ben adattate coltivate in modo sostenibile.
Una di queste varietà è la peverella… cosa significa questo nome?
La peverella è un prodotto dell’Arca del Gusto, e con questa uva ho un rapporto nostalgico. La mia curiosità è stata stimolata dalla ricerca che abbiamo fatto su di essa come parte di Terroir Ancestral. In seguito avrei voluto piantarla, perché di tutte le varietà antiche era quella che suscitava più sorrisi da parte dei viticoltori più anziani con cui ho parlato… ma sono arrivata tardi. Oggi ne rimangono poco più di cinque ettari e nessuno le dà molta importanza, come del resto accade a tante altre varietà dimenticate. Ma io continuo a credere nel recupero di queste vecchie varietà adattate come forma di mitigazione degli effetti della crisi climatica.
Quali sono i tuoi sogni per la sua azienda, Vinha Unna, e per la viticoltura brasiliana in generale?
Vinha Unna è già da tempo più di un progetto di vinificazione naturale. È una forma di resistenza, un esperimento sociale, tecnico e agroecologico… un motivo per credere nelle possibilità che abbiamo. Lo vedo sempre più in questa luce. Le mie speranze per il futuro del vino naturale brasiliano risiedono nei giovani; la nuova generazione fa molte più domande, e questo è sufficiente per girare la chiave del cambiamento.

Perché hai deciso di aderire alla Slow Wine Coalition?
Lavoro con Slow Food da sette anni e credo nella filosofia del lavoro in rete: un’enorme rete di persone connesse, e le loro idee. Buono, pulito e giusto sono parole che hanno un grande peso e che possono sembrare irraggiungibili se lavoriamo da soli, ma non in quanto rete.
La Slow Wine Coalition è piena di persone che sono fonte di ispirazione, mentre il mondo del vino al di fuori di essa è più individualista, meno collaborativo e meno impegnato. Voglio vedere la Coalition espandersi e diventare ispirazione per le sfide sempre più grandi che stiamo affrontando. Il mondo sta attraversando grandi trasformazioni e la maggior parte di esse non sono buone, quindi dobbiamo tenerci per mano e agire insieme se vogliamo avere un impatto positivo, serio e duraturo.
Slow Wine Fair è la manifestazione internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto. Dal 26 al 28 febbraio 2023, convegni, masterclass, e l’esposizione di centinaia di cantine italiane e internazionali e oltre 3.000 etichette. La biglietteria sarà disponibile online a fine novembre. Iscriviti alla newsletter per essere aggiornato su tutte le novità. #SlowWineFair2023
di Jack Coulton, info.eventi@slowfood.it