Dal 1978 è in corso una sperimentazione per confrontare i sistemi di coltivazione biologici, biodinamici e convenzionali: il convenzionale aumenta le rese ma riduce la salute del suolo.
Che cosa significa biologico? Non solo dire no alla chimica in agricoltura e in viticoltura, ma soprattutto occuparsi del suolo e della sua fertilità.
Un suolo che è «un organismo vivo, un ecosistema» come ha ricordato Michele Bono dell’Istituto di ricerca sull’agricoltura biologica (FiBL Svizzera) nella conferenza online intitolata Bio è vita organizzata nell’ambito della Slow Wine Fair 2023. E, come tale, un suolo che va protetto e difeso affinché non muoia.
Difendere il suolo, prendendosi cura dei microorganismi che lo abitano
Il suolo, dunque. Ma che cosa c’è lì sotto, tra la terra, invisibile ai nostri occhi? Solo il 6% del suolo è composto da materia organica, ha spiegato Bono, mentre il resto è il cosiddetto suolo minerale. Di quel 6%, la maggior parte (l’87%) è composta da materia non vivente, e solo una minima percentuale (il 7%) è rappresentata dagli organismi del suolo.
Per quanto sembrino pochi, la loro presenza è fondamentale: sono loro a rendere fertile un terreno, ad assicurare che anno dopo anno il suolo continui a essere l’ambiente dove la vita delle piante e delle colture può svilupparsi. Difendere il suolo, insomma, significa prendersi cura dei microrganismi che lo abitano, rinunciando ad esempio a far ricorso a sostanze che, con la promessa di rendere rigogliose le piante, finiscono per impoverirlo, ucciderlo.
Un confronto tra sistemi bio e convenzionali
Per mettere a confronto i sistemi di coltivazione biologica, biodinamica e convenzionale, nel 1978 è stato messo a punto un progetto di sperimentazione chiamato DOK. I risultati sono interessanti: «I sistemi bio assicurano una raccolta inferiore al convenzionale – ha spiegato Bono – ma tutti gli indicatori di fertilità del suolo mostrano risultati migliori nei biosistemi, e in particolare in quelli biodinamici».
«Produrre di più nell’immediato, ma desertificando il suolo, non è utile per le prossime generazioni» ha aggiunto Maria Grazia Mammuccini, presidente di Federbio. Ma nel concreto, in viticoltura, che cosa significa fare biologico e quali differenze ci sono con il convenzionale?
Sono due in particolare, secondo Bono, gli aspetti che riguardano la gestione del suolo: il sottofila e l’interfila. Nel primo caso, cioè sotto alla pianta, la viticoltura biologica promuove il diserbo meccanico, a differenza del convenzionale che privilegia il diserbo chimico. Nell’interfilare, cioè tra un filare e l’altro, è invece importante stimolare la presenza di radici (in grado di attirare insetti utili e favorire lo sviluppo di strumenti di difesa naturali) e occuparsi dell’inerbimento nella stagione autunnale e invernale: in questo modo è possibile ottenere biomassa che, in primavera e in estate, potrà venire usata per la pacciamatura del terreno, cioè la copertura fatta per evitare l’evaporazione dell’acqua dal terreno stesso.
di Marco Gritti, info.eventi@slowfood.it